Cosa c’è veramente di vero dietro a questa frase? Scopriamo se la felicità è una pietanza che va assaporata in compagnia!
Se provi a prestare attenzione a cosa ti rende veramente felice durante l’arco di una settimana, probabilmente ti accorgerai che la maggior parte della tua lista e’ composta da momenti che condividi con qualcuno.
E anche quando magari sei da solo/a, e credi di sentirti felice, credo che tu possa provare un senso di vuoto nel realizzare che nessuno è lì a stringerti la mano o a darti un 5. Per esempio: hai appena raggiunto il picco di una montagna dopo averla scalata per per ed ore, e sei finalmente davanti ad uno scenario mozzafiato… ma non c’è nessuno con cui festeggiare propriamente.
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Perché ci sentiamo vuoti?
Personalmente, credo che questo bisogno di collettività sia un meccanismo di sopravvivenza della felicità: per sopravvivere questa emozione deve essere condivisa, come se fosse cibo per l’anima dell’essere umano.
Mi ricordo la prima volta che ho sentito questa frase.
Stavo guardando il film “Into the Wild”, una biografia tratta da una storia vera. Christopher McCandless era un giovane avventuriero che decise di lasciare tutto e tutti per trovare la sua libertà e autenticità. Così iniziò a viaggiare verso la parte più sperduta dell’Alaska… durante il percorso, Christopher incontrò molte persone che cercarono di fargli cambiare idea. Ma lui non si fermò, arrivo in Alaska così esausto, affamato e triste.
La sua idea di isolamento per una vita felice era falsa. Prima di morire, dopo aver mangiato accidentalmente un fungo velenoso, scrisse sul suo diario di viaggio: “happines’s only real when shared”.
Felicità e scienza…
Biologicamente, come essere umani, siamo programmati per interagire con il prossimo… ovviamente ogni persona è più o meno affine a questa socialitá, ma un minimo è sempre necessario per sopravvivere.
Uno studio condotto dall’Istituto Nazionale Neurologico di Torino mostra come le emozioni e i ricordi siano collegati nel nostro cervello. In particolare, un posto può essere tanto unico quanto un’altra località, ma sono le persone che ci circondano in quel momento che fanno la differenza.
Pensa anche alle reazioni che si hanno quando si é felici per qualcosa: non si vede l’ora di raccontare la nostra esperienza a qualcuno.
- “Sai cosa mi è successo?!”,
- “Guarda che bello!”,
- “Grazie per essere con me!”
E se queste persone non ricambiano il loro eccitamento, magari tutta quella felicità si trasforma in delusione… Si potrebbe quasi dire che per essere davvero felici, bisogna condividere la stessa emozione con l’esterno.
Il condividere la felicità, fa parte della felicità stessa!
Perché gli anziani adorano raccontare storie della loro vita? Perché in entrambi i casi, felicità o dolore, il condividerle con l’esterno rende tutto migliore. Se condividi positività, la felicità raddoppia; ma se condividi la tristezza, allora la negatività dimezza.
Credo che la parola “solitudine” sia la parola più triste del vocabolario, per questo cerco di non dare per scontato nessuna delle mie relazioni (famigliari e non).
Apprezza i tuoi amici, non dare per scontato l’affetto della tua famiglia. Chris McCandless morì realizzando questo stesso concetto… impariamo dalla sua storia e non aspettiamo una crisi per realizzare l’importanza delle nostre relazioni.
Condividi la tua felicità con coloro che ami, così la terrai viva in ogniuno di loro…
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